venerdì 8 maggio 2015

Il tour del monte Barigazzo


Il monte Barigazzo è una bella montagna di oltre 1200 metri nel nostro appennino parmense. Quello che caratterizza in modo netto questo monte e che lo rende del tutto particolare sono le sue creste. La prima, chiamata “cresta difficile”, è una affilata linea costruita come di mattoni che scende verso valle. Spesso la larghezza della cresta è quella del piede, o di un “mattone”.
È molto difficile percorrerla e occorre un passo estremamente sicuro. Normalmente la si percorre in salita. Qualche tempo fa un biker nostrano (Walter Belli) l’ha percorsa in discesa, realizzando un emozionante video, che mette la pelle d’oca.https://www.youtube.com/watch?v=lwA7_q-k6DY

L’altra cresta, detta “cresta facile” è un po’ più larga della precedente ed è facilmente percorribile a piedi, e la si può percorrere anche in mtb, stando molto attenti, con qualche passaggio di bici a mano. https://www.youtube.com/watch?v=JktBS9kw5i8

Sul Monte Barigazzo ci sono stato parecchie volte, quasi tutte in escursione pedestre, e una volta in bici col corso mtb CAI Parma.
Però tutte le volte che sono salito sul monte sono salito e sceso dalla medesima parte. Tante volte sono salito da Tosca, oppure dal versante di Pianelletto. L’ultima volta in escursione CAI Parma mtb siamo saliti da Pianelletto (partendo da sotto Bardi) e siamo rientrati dal medesimo versante percorrendo (con attenzione) la cresta facile. Siamo poi scesi per un bel sentiero nel bosco concludendo la via su una accidentatissima strada sassosa.
Flora ed io cominciamo allora a pensare ad una escursione che giri intorno al massiccio montuoso del Barigazzo.
Consultando amici, e lavorando su internet trovo tutta una serie di itinerari possibili. Valutando questo e quello, ne scelgo uno…
Ne scelgo uno e sbaglio clamorosamente a scegliere la traccia di salita. Non do peso alla successione dei punti gps e quindi metto come traccia di salita una classica via di discesa. Ma di questo me ne accorgerò strada facendo. 
Parliamo adesso della nostra avventura…
Parcheggiamo la nostra macchina vicino alla trattoria (la barcaccia) nei pressi del ponte sul Ceno. Le operazioni di approntamento di mtb e mtbikers sono tranquille ed un buon caffè ci prepara al meglio per l’impegno ciclistico.
Partiti!
Pedaliamo un po’ su asfalto e ne approfittiamo per scaldarci. Un po’ di falso piano e poi incominciamo a salire. La prima parte di salita è su asfalto (l’avevamo già fatto col corso mtb del CAI Parma), poi la svolta…
La traccia scaricata mi devia dal percorso classico e dopo poco ci troviamo ad imboccare una bella carraia. Terreno in discrete condizioni ma ben presto ci troviamo ad affrontare una serie di dure salite. E’ a questo punto che mi sorge il dubbio di aver inserito nel tragitto un tracciato da fare in discesa.
Beh…ora siamo qui e vediamo di saltarci fuori. Speriamo che non sia lunghissimo. Le pendenze a volte sono davvero dure e spesso siamo costretti a spingere le nostre bici. Ma il percorso ci porta a pedalare in un castagneto davvero splendido. Flora si nasconde dentro il cavo di un castagno
secolare…L’escursionismo in mt comprende anche questi momenti di gioco. Riprendiamo a pedalare. Ora il sentiero si fa meno duro e un bel trail fatto di saliscendi simpatici nella frescura dell’ombra del bosco ci porta a tornare sul percorso naturale di salita.
Passiamo vicino a Venezia, e ci spunta un sorriso…
.Ne abbiamo fatta di strada, ma il mare dov’è? Ridacchiando in compagnia continuiamo a pedalare su comoda strada ora asfaltata, ora bianca, fino a Pianelletto.
Ci fermiamo un attimo alla fontana,
due foto allo splendido antico caseggiato e poi ripartiamo alla volta della cima del Monte Berigazzo. Non manca tanto. Una ripida strada bianca ci guida fino al “cancello” per accedere alla parte sommitale del monte. Quest’area è “parco” ed è decisamente vietata ai mezzi a motore. Per entrare dobbiamo passare i tornelli e fare qualche acrobazia con la bici…va bene così. Dall’altra parte del tornello un gruppo di cavalli ci guarda curioso…più che altro mirano ai nostri zaini.
Evidentemente sanno o sentono che negli zaini c’è roba da mangiare… Dobbiamo ripartire veloci per evitare che i cavalli mettano il naso dentro i nostri zainetti. Ora dobbiamo pedalare duro per l’ultimo strappo che porta in vetta.
Con fatica, tanta fatica pedaliamo per il ripido prato uscendo dal bosco di grandi faggi. Il prato sommitale ci accoglie volentieri.


Ci sono anche escursionisti a piedi con cui scambiamo qualche chiacchiera cordiale. Qualche foto ricordo e poi consumiamo le nostre riserve alimentari.


OK, fino ad ora, grosso modo, il percorso era noto e praticamente già pedalato in primavera, adesso ci dobbiamo cimentare nell’incognito. A dire il vero il percorso fino a Città d’Umbria è conosciuto, ma l’abbiamo sempre fatto a piedi, con molta tranquillità; farlo in bici, col terreno fangoso, potrebbe rappresentare qualche qualcosa di diverso. Vedremo!
Intanto cominciamo a scendere la china. Come ci aveva fatto soffrire in salita, la china si fa percorrere velocemente in discesa. Passiamo accanto alla bella chiesetta e, prima per sentiero e poi per asfalto arriviamo all’altro cancello. Altre acrobazie per far passare le bici dal tornello e poi altra discesa su asfalto. Ma scendiamo poco. Un po’ più in là, la traccia ci manda a sinistra in un ripida salitella che dobbiamo fare spingendo… . Spingiamo poco, e cominciamo un trail curioso che mischia disceselle su fango a ripide risalite. Ci districhiamo come meglio sappiamo in quel su e giù fra fango e foglie.
Ora una bella discesa resa viscida dal fango ci fa divertire, ora una ripida risalita ci fa spingere i mezzi a due ruote con catena e pedali, con le scarpe che scivolano sull’umida terra nera. L’itinerario ci fa passare fra le due creste (quella facile e quella difficile, a fianco di una torbiera gracchiante di rane (licenza poetica…non è stagione di rane gracchianti) . Stupefacente il colore brillante della vegetazione esposta al sole. Dopo un’ultima dura salita iniziamo a scendere verso Città d’Umbria. Percorso abbastanza breve ma ricco di fango e pozze fangose.
La discesa si presenta insidiosa, ma riusciamo a finirla senza problema, ben sporchi….L’arrivo sotto il castelliere d’Umbria, ci propone l’attraversamento di una zona paludosa e fangosa. Di norma questa sito è luogo di torbiera millenaria.
Infatti gli antichi liguri (a cui si potrebbe attribuire la costrizione del castelliere appena rialzato fra giganteschi faggi ) si sono spostati in zona rialzata per le loro costruzioni.
In qualche modo riusciamo ad uscire dal fango. Poco più in la rientriamo in strada. Scendiamo verso Tosca? Nemmeno per sogno! La traccia malefica ci fa deviare subito sulla sinistra per carraia…ovviamente fangosa.  Un altro divertente trail in saliscendi, poi, d’improvviso, una bella discesa dentro un isolato calanco. Si scende dentro un solco grigio chiaro, la sabbiolina quasi cementata si fa percorrere volentieri.
Poi quando riappare il verde ci troviamo a scendere lungo un antico ciottolato di pietre grosse e rade. Ma non sono li per caso….questa era sicuramente una strada antica. Siamo appena sopra Tosca.
Mi rendo conto che il tempo passa…e noi avanziamo davvero lentamente. Ma il tempo regge, anche se in cielo si vanno accumulando nuvoloni grassi e neri. Le previsioni erano assai ottimiste, ma in montagna, non si sa mai…
Tosca resta sotto di noi mentre lasciamo per l’ennesima volta la strada per imboccare l’ennesima carraia.
Ora dobbiamo ritornare nell’altra valle e passare sotto il Pizzo d’Oca. Non so però quanto ci sarà da salire.
Intanto la carraia sale ripidissima e ci costringe a spingere per l’ennesima volta. Lasciato un ultimo nucleo abitato ci spingiamo avanti. La marcia è rallentata dal continuo fermarci per passare ampie pozze d’acqua fangosa. Il Pizzo d’Oca è ancora la in fondo e non sappiamo quanta salita dobbiamo fare.
Quando sembra iniziare la discesa, una nuova ripida risalita ci toglie la speranza di essere in vista dell’arrivo.
A volte ci prende un po’ lo sconforto. Nonostante il navigatore ci dica che manca poco….nonostante le mappe mostrino la nostra posizione, spesso ci viene da domandarci: “ma dove siamo, dove stiamo andando a finire?”

Finalmente arriviamo al passo e finalmente inizia la discesa. La successione dei tratti in discesa è un susseguirsi di carraie sassose assai infide a pietre sempre più smosse e sempre più grosse.
Le braccia soffrono il continuo vibrare del manubrio. Forcella e sospensione, pur morbidi, non riescono a compensare. Finalmente arriviamo in fondo. Con un ultimo tratto assai sconnesso finalmente arriviamo sull’asfalto. Non ci resta che pedalare fino alla macchina.
Ripassiamo il ponte e finalmente siamo davanti al bar ristorante.
Carichiamo le bici sulla macchina
e poi ci sediamo al bar…un bel gelato, una birra e un caffè chiudono una giornata davvero faticosa

E' possibile visionare l'intero percorso ridotto in un filmato al seguente indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=DBmvWC5X_Lc

   

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